Consensus by Rinaldo Lampis

Movimento per la libertà di pensiero e di cura

Movimento per la libertà di pensiero e di cura
Ottobre 28, 2005

Siamo sicuri che tutti questi polli un giorno diventeranno delle aquile?

EAGLE1.JPG
www.nexusitalia.comlunedì 17 ottobre 2005.

Il giornale Independent del 28 settembre scorso scrive che l'Arabia Saudita (il maggior
produttore mondiale) e la Exxon Mobil (la maggiore compagnia mondiale)
hanno dichiarato, per voce del ministro locale e del presidente
della compagnia petrolifera, che il paese dispone di riserve petrolifere
pari al doppio di quanto stimato sinora, e che esistono 3 trilioni di
barili, o anche di più, che aspettano solo di essere estratti…

Naturalmente queste dichiarazioni hanno inciso sull'andamento dei mercati, e ben si sposano
alla questione di Eugene Island, una montagna sommersa nel Golfo del
Messico, 80 miglia al largo della Louisiana, caratterizzata da fessure
e crepacci dai quali fuoriescono spontaneamente gas e petrolio.

All'inizio degli anni '70 una piattaforma petrolifera, denominata "Eugene
Island 330
", iniziò a produrre circa 15.000 barili al giorno, ma nel
1989 la produzione era calata sino a 4.000 barili giornalieri. Poi,
improvvisamente, la produzione si impennò a 13.000 barili, mentre le
riserve stimate balzarono da 60 a 400 milioni di barili. Ancor più
strana è la scoperta che l'età geologica del petrolio odierno è assai
diversa da quella del petrolio estratto dieci anni fa
.

Difficile non giungere alla conclusione che le riserve petrolifere di Eugene Island
si stiano rimpinguando da sole da qualche sorgente situata varie miglia
al di sotto della superficie terrestre, il che confermerebbe la teoria
dello scienziato T. Gold sulla cosiddetta "Deep Hot Biosphere".

Gold sostiene che "il petrolio in realtà è uno sciroppo primordiale rinnovabile, prodotto
in continuazione dalle viscere della Terra, estremamente calde e
sottoposte a tremende pressioni. Quando questa sostanza migra verso la
superficie viene attaccata dai batteri, facendo sembrare che abbia
origini organiche risalenti all'epoca dei dinosauri
."

Insomma, la faccenda della crisi petrolifera imminente sarebbe tutta
una truffa ordita a tavolino?
Così pensano Steve Watson, Alex Jones e
Paul Watson, i quali scrivono che il "picco" è pura propaganda del
complesso militare-industriale, destinata a generare immensi profitti
creando artificialmente la crisi petrolifera e il conseguente aumento
dei prezzi, ed eliminando nel contempo tutte le numerose tecnologie
alternative emerse negli ultimi decenni.

lunedì 17 ottobre 2005
www.nexusitalia.com

Il mio commento:
Ho letto anni fa la teoria di Gold e, conoscendo le basi su cui si fonda, naturalmente ci credo.
Ciò che non quadra in questa storia è la solita solfa del complotto militare-industriale, responsabile di far salire alle stelle il prezzo del petrolio.
Se veramente si vuole trovare un "colpevole" esso è il libero, selvaggio mercato, sotto forma della vorace richiesta di energia da parte della Cina e dei vari uragani nel golfo del Messico che, chiudendo i pozzi dell'area, hanno affamato anche gli Stati Uniti.

Seguo da anni i problemi energetici del mondo, ma non riesco a ricordare un solo episodio nel quale "l'industria" abbia lanciato un allarme sulle riserve di petrolio che sarebbero presto finite, scatenando così ondate di panico tra i consumatori. E' risaputo agli addetti ai lavori che (effetto serra permettendo) di petrolio e di metano ne abbiamo ancora per alcune centinaia d'anni…

Se guardiamo ai fatti, sono invece sempre le solite cassandre, poco informate, che ogni due o tre anni tentano di terrorizzare la popolazione mondiale, cercando di convincerla che la fine sia ormai vicina.
E ci riescono, anche se non è vero...
E' vero che le riserve petrolifere dei produttori si estendono solamente per 15-20 anni, non perché non ci sia altro petrolio disponibile, ma solo perché economicamente conviene mantenere un "cuscino" produttivo – costante – di quella durata.

Certo, in tempo di aumento dei prezzi petroliferi le compagnie petrolifere ci marciano alla grande, generando profitti stratosferici che dovrebbero essere pesantemente tassati. Ma da anni i paesi produttori (l'OPEC) funzionano da calmieri perché, conti alla mano, traggono dei profitti maggiori quando le economie mondiali crescono (comprando quindi più petrolio).

I fatti ci dicono anche che lo Stato italiano si prende 83 cent in tasse su ogni euro che spendiamo per la benzina. In queste condizioni trovo difficile prendermela contro i petrolieri e contro il solito, "povero" Bush, parafulmine delle paure del mondo.

Mi sembra anche che (questa volta per "colpa" della globalizzazione) i problemi che dobbiamo affrontare ultimamente non siano più di natura locale ad una nazione, ma di respiro planetario: l'effetto serra, il terrorismo, l'impennata del costo dell'energia, il virus dei polli.
A me sembrano tutti problemi inventati o amplificati apposta (dai media) per dare a ciascuno di noi la dose giornaliera di paura, senza la quale molti, già irrimediabilmente "drogati" da quell'energia negativa, sembrano non riuscire a farne a meno.

Ovviamente credo nell'evoluzione dell'uomo, ma con queste continue reazioni emotive automatiche delle masse (che ora sono per lo più "istruite") mi è arduo pensare che tutti questi polli un giorno si evolveranno in maestose aquile…
rinaldo lampis

 


mandato da Rinaldo Lampis il Venerdì Ottobre 28 2005

URL of this article:
http://www.newmediaexplorer.org/rinaldo_lampis/2005/10/28/siamo_sicuri_che_tutti_questi_polli_un_giorno_diventeranno_delle_aquile.htm

 

 

 


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