Pecore malate di "Lingua Blu": il colpevole e' un vaccino
 
CategoriesPeccato che lo stesso "meccanismo di compertura" e' ralizzato anche per i vaccini utilizzato per gli essere umani. Peccato che le statistiche non vogliono esser "viste" da nessuno, continuiamo pure a coprire gli interessi di pochi a discapito della salute di tutti, come se poi non venisse coinvolto anche chi "vara e difende" queste leggi e situazioni, dai governanti ai media. Complimenti!
Gli allevatori denunciano: il virus diffuso da un medicinale prodotto in Sudafrica e imposto dal governo. E' un disastro
Lingua blu, il killer è un vaccino
"Fermate la strage di pecore"
Parte una commissione d'inchiesta, ma la campagna prosegue L'operazione è stata imposta da Roma che non sa fermarla
di PAOLO RUMIZ
Una pecora malata di "lingua blu"
La storia del maledetto imbroglio comincia nel 2000, sotto il governo Amato. Ci sono 200 miliardi da spendere a fine legislatura e qualcuno propone di usarli contro la lingua blu, un morbo degli ovini appena sbarcato in Italia. L'Istituto zooprofilattico di Teramo, centro di riferimento per le malattie esotiche, insiste per una mega-campagna di vaccinazioni. Ma molti sono contrari. L'unico farmaco disponibile è vecchio del '47 e viene dal Sudafrica. Contenendo virus vivi coltivati su linee cellulari, può importare malattie sconosciute e incontrollabili.Romano Marabelli, capo della veterinaria ministeriale e dell'Organizzazione mondiale che studia le epidemie animali, è perplesso. Molti Paesi colpiti non usano il farmaco. Stati Uniti, Australia, Grecia, Portogallo lasciano che le bestie si immunizzino da sole.
Anche a Bruxelles non sono convinti. Non è un allarme grave come Mucca pazza, dicono. Ma a Roma sono lanciatissimi, vogliono diventare l'antemurale contro la malattia, convincono il comitato veterinario di Bruxelles. Così, la Ue consente all'Italia di partire con procedura d'urgenza.
La blindatura - Il farmaco non è registrato in Europa, dove non ha passato collaudi né controlli di sicurezza. Non è andato al vaglio di esperti esterni, non ha avuto l'ok dell'Agenzia medica europea (Emea) e della commissione Ue. Non ha passato, cioè, la trafila cui i produttori devono sempre sottoporre ogni nuovo farmaco. Mai come in questo caso si dovrebbe chiamare in causa l'Istituto superiore della sanità.
Ma il governo ignora il ruolo di supervisione dell'Iss.
Ora c'è Berlusconi, e un nuovo ministro della sanità, Girolamo Sirchia. Il quale affida a Teramo tutti i controlli e le indagini scientifiche. E quando lo stesso istituto vince anche la gara per l'importazione dei vaccini e della tecnologia di produzione, si crea una situazione abnorme. Lo stesso soggetto importa il farmaco, lo elabora, lo verifica, lo distribuisce e ne studia gli effetti.
Forte di poteri assoluti, Teramo blocca la movimentazione degli animali vivi in mezzo Centro-Sud, dove la malattia si è manifestata, e ordina di partire a tappeto. Già che c'è, fa vaccinare i bovini, portatori sani del morbo, che nessuno al mondo aveva mai trattato prima. Sorgono nuovi dubbi. Ma l'istituto preme. Tranquilli, dice, abbiamo fatto i nostri test. La direzione dei servizi veterinari si fa convincere. Poi si saprà che le prove erano state fatte appena su 21 bovini e 6 pecore.
Il triangolo - Il gioco è tutto dentro Alleanza Nazionale. C'è il ministro Alemanno all'Agricoltura. C'è il sottosegretario Cesare Cursi ai Servizi veterinari. E c'è Vincenzo Caporale, capo dell'Istituto di Teramo, uno che da ambienti Pci è finito in quota An dopo un'epica circumnavigazione per casa-Craxi e Forza Italia. Guida istituzioni importanti: l'anagrafe bovina (peraltro fallita al Sud), il Centro epidemiologie, il Comitato di controllo delle diossine.
E quando Alemanno, su invito dell'Ue, istituisce una commissione per quantificare i prevedibili danni indiretti (mancata vendita di animali) dell'operazione, e vi mette al vertice (per 150 mila euro l'anno) il suo capo-dipartimento Giuseppe Ambrosio, costui disegna una griglia di rilevamento-danni così stretta che gli effetti collaterali del vaccino sono destinati, in partenza, ad apparire limitatissimi. Se animali morti ci saranno, insomma, sarà quasi sempre per altre cause. Ormai, l'operazione è criptata.
Gli errori - Nel gennaio 2002 si parte. Ma non è una campagna, è un bombardamento. I veterinari pubblici non bastano, se ne reclutano altri sul mercato per 20 mila euro a testa in sei mesi. Questi entrano nelle stalle con disposizioni approssimative, senza istruzioni per rilevare i danni e per la farmaco-vigilanza, talvolta senza foglietti illustrativi. Qualcuno usa aghi non sterili, vaccina pecore gravide, malate o in attesa di accoppiamento.
Ci sono proteste, ma opporsi è un problema. Chi rifiuta il vaccino resta con la stalla sotto sequestro, impossibilitato a vendere bestie vive fuori provincia. Tranquilli, promettono a Roma, durerà poco; quando avremo vaccinato l'80 per cento degli animali, toglieremo la quarantena. E per fare più in fretta cominciano a produrre il vaccino in casa, senza permesso. I laboratori di Teramo non sono autorizzati, ma che importa. C'è l'emergenza.
Il fallimento - A fine campagna si scopre che qualcosa non va. Se ne accorge la Sardegna, poi l'Abruzzo. Le pecore continuano a morire. Ma la vera novità è che si ammalano i bovini. Gli allevatori denunciano morìe, aborti, perdite di latte, caduta di fertilità, dimagramenti. Le più malconce sono proprio le bestie vaccinate.
Non resta che mantenere la quarantena. Per tutti, sani e malati. Il prezzo della carne crolla, un animale vale ormai meno delle spese di macellazione. "Chi ci paga?", chiedono gli allevatori. Nessuno, è la risposta, i danni non dipendono dal vaccino. Alcune Asl rifiutano di raccogliere le orecchie delle bestie morte, o di spedire gli organi malati a Teramo. Per non demolire il teorema zoppo, nessuno quantifica il disastro, nonostante l'Europa abbia i soldi pronti per coprirlo.
La paura - No, niente soldi per i poveri cristi. Sono altri a guadagnarci sopra. I produttori del vaccino, Teramo, i veterinari, la commissione ministeriale, i commercianti che comprano carne a zero lire, i grandi produttori che pagano meno la polpetta. Ci guadagna anche la criminalità. In zona blue tongue, un vitello anche sano è una perdita tale che l'allevatore deve abbatterlo subito o venderlo per 20 euro alla camorra. L'unica che può sdoganarlo da vivo.
La situazione è esplosiva ma non succede ancora niente. Tanti hanno paura. Sono quelli che temono le visite dei Nas, che nascondono piastrelle fuori norma, fatturazioni mancate, condizioni igieniche imperfette, aborti non registrati, bestie malate fatte sparire per evitare la distruzione del branco. Quelli tacciono e piegano il capo.
Altri si arrangiano. Quando scoprono che le bestie non trattate stanno meglio delle altre, convincono il veterinario a fare vaccinazioni fasulle. Così, tutti contenti. Gli animali restano sani, il veterinario incassa la parcella, il ministero può vantare inflessibilità. C'è persino chi - come appureranno i giudici a Latina - userà l'ago come arma politica. Votami, altrimenti ti vaccino sul serio.
La metamorfosi - Ma il peggio deve venire. Il morbo è un camaleonte, passa gli sbarramenti, innesca una spirale perversa. Compare un nuovo sierotipo, ma Teramo gli contrappone un farmaco ancora più "pesante". Così, il virus sale verso Nord, devasta greggi, provoca sterilità, depressioni immunitarie, febbri, perdita della lana, malformazioni, aborti, carni gelatinose e immangiabili. Anche il latte diminuisce, ma pochi riescono a farsi verificare i danni.
Le vacche smagriscono come quelle del Sahel, spesso non si fanno ingravidare, alcune muoiono d'infarto. I focolai blue tongue diminuiscono, ma la circolazione virale resta altissima, si allarga a zone montane, di solito immuni. Il mercato chiede carne ma sono proprio le Asl del Nord a rifiutare come infette le bestie vaccinate dalle zelanti consorelle del Centro-Sud. Mezzo Paese è in quarantena. Ormai, l'ipotesi che sia proprio l'animale vaccinato a diffondere malattie comincia a farsi strada.
La rivolta - Cresce il fronte del "no", Alemanno è contestato anche dai suoi di An. Il ministro Sirchia è costretto a istituire una commissione. Ma questa, in assenza di denunce formali, avalla l'operazione senza visitare nemmeno una stalla. Pare un Vajont. Tutti conoscono la frana che s'è messa in moto, ma nessuno dice "alt, vediamo che succede". E quando lo zooprofilattico di Sassari propone di studiare seriamente la diffusione della malattia, la Sanità fa ancora muro.
Solo Teramo, ribadisce, è autorizzata a metterci mano. Le energie scientifiche del Paese sono ignorate, il controllato continua a controllare se stesso. E l'Italia insiste a vaccinare al buio. Ma ormai è guerra. In luglio, alla Camera dei deputati, il direttore dell'istituto viene aggredito da rivoltosi. Poco dopo, gli stessi organizzano un convegno sul tema e invitano numerosi esperti. Questi accettano, ma molti poi disertano all'ultimo minuto. "Li hanno convinti a tacere", ringhiano gli allevatori.
Il bubbone - Ma il muro del silenzio si rompe. Quando la provincia dell'Aquila, in assenza di focolai, viene obbligata alla vaccinazione col solito risultato di morìe e aborti, il Tar dà ragione ai danneggiati. La giunta regionale campana chiede a Teramo di verificare la situazione in tempi brevi. E quando in Sardegna viene isolato un nuovo sierotipo, lo zooprofilattico Toscana-Lazio tra le conclusioni. La malattia si diffonde, al 90 per cento, proprio col virus contenuto nel vaccino.
Ma a novembre la Sanità, anziché prendere atto del fallimento, mostra ancora i muscoli. Ordina milioni di dosi di un terzo vaccino, più potente ancora. Poi, a un convegno internazionale dell'Oie, l'Organismo mondiale che studia le epidemie, celebra il suo trionfo, dichiarando che i danni registrati sono stati accettabili. Ma è una verità di carta. Il disastro galoppa.
(27 novembre 2003)
Fonte: La Repubblica
mandato da Ivan Ingrilli il Giovedì Novembre 27 2003
aggiornato il Sabato Settembre 24 2005URL of this article:
http://www.newmediaexplorer.org/ivaningrilli/2003/11/27/pecore_malate_di_lingua_blu_il_colpevole_e_un_vaccino.htm
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